Le persone, per un lungo periodo, le ho fotografate da lontano. 

Gli incontri erano sporadici, gli sguardi diffidenti e cauti. All’aria aperta, lontano dalla città, si respirava comunque a fatica. Si temeva, si viveva un giorno alla volta, si aspettavano i resoconti giornalieri che raccontavano di chi non ce l’aveva fatta.

Sembrava una guerra con nemici invisibili e striscianti, una trincea di attese indicibili e di silenzio surreale.

Uscire e camminare era una conquista, un’ora d’aria sacrosanta, una piccola meritata vittoria.

La paura era intervallata, poi, da qualche momento di distensione, da provvisorie notizie che sapevano finalmente di buono. Si diceva anche che saremmo stati migliori.

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Queste fotografie sono state scattate dal marzo del 2020 e per i due anni successivi, nelle campagne attorno a Saronno, sconfinando nei comuni limitrofi della provincia di Varese e di Milano.

Napoli, una bellezza sfrontata, pericolosa e allo stesso tempo affascinante.

Un luogo inconsueto in cui il passato ed il presente si incastrano alla perfezione, per mezzo del sacro e del profano. Una rete di passaggi e stretti vicoli che ti catturano con il loro continuofervore, raggiungendo l'apice del viver quotidiano con il calare della sera.

Mi sono immersa per poco più di un'ora in una bolla di "pazzia carnevalesca", una frattura dell'ordine fatta di coriandoli in volo e maschere, alla ricerca di volti.

In questo impasto di allegria e tristezza che vorrebbe almeno per un attimo mettere a tacere la realtà, non riesco a cogliere una piena sensazione di spensieratezza: il Carnevale per me è vena malinconica e l'intimazione al dover far festa ad ogni costo, sottile inquietudine. Giù la maschera, Milano piazza Duomo.

Foggy Moments vuole essere una rappresentazione di momenti e situazioni che sembrano quasi irreali, momenti in cui la nebbia diventa protagonista e avvolge tutto con la sua delicatezza, disegna senza stravolgere e nasconde senza far scomparire.

E, citando Oscar Wilde, "È l'incertezza che affascina... La nebbia rende le cose meravigliose."

Il mestiere del pescatore, in Italia questo antico mestiere è ancora praticato con passione da migliaia di persone che ogni mattina all'alba lasciano i nostri numerosi porti e porticcioli per prendere il largo.

Nella figura del pescatore che, nonostante il costante progresso tecnologico, è ancora in grado di suscitare rispetto e curiosità, si incontrano saperi e gesti antichi che si tramandano di padre in figlio, da vecchio a giovane, da centinaia e centinaia di anni lungo il ciclo del tempo. - Il mestiere del pescatore non si impara sui libri o almeno non solo: una lunga gavetta è necessaria per imparare tutte le nozioni necessarie; saper governare una barca, avere dimestichezza con il mare e i venti, conoscere gli attrezzi del mestiere, le specie marine e le normative, richiede tempo, pazienza e impegno.

Ogni luogo, ogni mare poi è diverso dagli altri, cosa che rende obbligatoria anche una conoscenza specifica e locale. - Cent’anni fa era normale salire la prima volta sulla barca a 10 anni e rimanervi fin oltre i sessanta.

È un lavoro del quale si può leggere la durezza nei volti segnati dal sole e dalla salsedine, volti che però sono anche di uomini fieri, uomini innamorati del mare e della vita libera, all’aria aperta.

Chiamano le loro barche per nome, come fossero delle compagne fedeli e in quei nomi spesso si celano storie, segreti, aneddoti che hanno segnato una vita.

Spettatori; fruizione ed empatia, la reazione emotiva è traducibile con il termine empatia, che possiamo definire come un atto di partecipazione affettiva in cui c'è una immedesimazione con una persona, un oggetto, una situazione. - La dinamica psichica dell'osservatore viene influenzata e destabilizzata anche per i fenomeni estetico-artistici.

Il BAR, un altro luogo tra i più comuni dove raccogliere frammenti di umanità e integrazione, si perché il BAR è un luogo "polifunzionale" di aggregazione come di servizio, dove le persone raccontano di se, delle loro abitudini, dei loro vizi e virtù che iniziano e finiscono nel tempo di un caffé, per alcuni si ripetono quotidianamente per altri è solo l'inganno del tempo di un'attesa.

Questo BAR in particolare, essendo sempre aperto e fornito di ogni servizio, non viene frequentato solo per una fugace consumazione e questo mi ha permesso di raccontare, in modo più ampio, un frammento di società che davanti allo specchio delle abitudini quotidiane mostra un profilo del tempo che viviamo; siamo le nostre abitudini, siamo in tutto quello che quotidianamente ripetiamo.

Baricentro è un progetto nato dalla voglia di osservare il tempo del quotidiano vivere da un unico punto di osservazione bene preciso ossia una normalissima panchina in un giardino pubblico.

L'idea è nata un po' dalla mia normale indole di osservatore nonché fotografo di strada, e un po' dopo la visione di una splendido film (cui consiglio vivamente la visione) che è "Smoke" con protagonisti Harvey Keitel e William Hurt.

Keitel ha una tabaccheria all'angolo di una strada di New York e il suo progetto "da una vita" è appena può mettersi li con macchina fotografica e cavalletto e fotografare le persone che giornalmente passano di, ogni giorno per anni, in qualsiasi stagione per raccontare così la vita che quotidianamente gli passava davanti; spesso le stesse persone fotografate in diversi momenti della vita, un grandissimo archivio umano. - Ecco io ho voluto prendere spunto e farne una versione mia decisamente più "corta" ma che potesse raccontare il piccolo e differente mondo che ogni persona si porta dietro che mi scorreva davanti gli occhi in quei giorni.

In search of souls; ho scelto questo titolo dopo aver realizzato che ogni volta in cui una sorta di impulso mi accompagnava a fotografare un bambino in realtà ero semplicemente alla ricerca di uno sguardo autentico, nitido, di uno sguardo superiore e spassionato, di un pozzo dal quale poter attingere nel profondo spontaneità e libertà di spirito. Ero insomma alla ricerca di anime che sprigionassero energia.

Nel centro di Milano ho scandagliato centinaia di volti per molti mesi, in posa per un selfie, davanti all’aperitivo o ad un gelato, concentrati a consultare smartphone, impegnati in buffe inquadrature da foto-ricordo o solo e semplicemente facce anonime; poi ho trovato un senso appoggiando il mio ad altri sguardi: diversi, freschi, controcorrente, orientati al cielo, distesi e curiosi; sguardi che scrutavano i miei occhi, con aria interrogativa interessata sorridente; sguardi sporgenti dal porto sicuro delle spalle e delle braccia di madri e padri.

Da quel loro punto di vista privilegiato, come piccole vedette, li ho immortalati: più nitidi e chiari, più profondi e sinceri di ogni altro sguardo. In search of souls e’ la prosecuzione della ricerca instancabile ed inesauribile del mio posto nel mondo attraverso il riverbero luminescente dello sguardo degli altri.

Roma: Musei Vaticani - Le ore di file, le facce serene o impazienti, due chiacchiere, una foto, un pò d'acqua nell'attendere l'entrata che poi sarà ripagata da incredibile bellezza.

Il Supermarket, forse uno dei luoghi comuni per eccelenza, migliaia di prodotti diversi per migliaia di persone diverse, un luogo che racconta  moltissimo di chi siamo, cosa compriamo racconta chi siamo, il modo in cui compriamo racconta chi siamo, il modo con cui paghiamo racconta chi siamo, anche il modo in cui riempiamo i sacchetti racconta qualcosa di chi siamo; il Supermercato è la carta d'identita di chi spinge il carrello, dentro si trovano usi, costumi, vizi e virtù, una spiaggia spesso affollata di Bikini e Pareo, dove c'è chi mostra e chi si nasconde dentro un'offerta.

I Supermercati sono cambiati molto nel corso degli anni, sono arrivati sugli scaffali moltissimi nuovi prodotti ed è cambiato anche il modo di fare la spesa, l'unico a non essere mai cambiato è il carrello ma ho scoperto che spesso non è lui quello ad andare storto...

Luoghi Comuni Mercato Centrale – Firenze. Uno spazio della memoria dove si incontra l'essere metropolitano e il saper fare rurale. - I sapori e le storie individuali si contaminano alla ricerca di una genuinità che non è solo quella dei prodotti ma anche espressione di una storia collettiva. Un luogo in cui la magia dell'epoca passata si fonde con il vivo fervore della vita quotidiana.

Forse ci sentiamo vivi solo quando riusciamo ad afferrare un grammo di felicità e a mettercelo in tasca: non importa dove lo abbiamo trovato e non importa se avrà la durata di un battito d’ali.

È questo ciò che penso quando osservo la meraviglia di fronte alle cose minime: gli attimi di spensieratezza degli altri sono sempre fonte di stupore anche per me, i loro piccoli momenti di gaiezza, zampilli dai quali mi disseto.

Da sempre, i bambini, con la loro purezza e senza superstizioni e tabù, non possono resistere ad una corsa per provare ad acciuffare quello che è il volatile per eccellenza ornamento delle nostre piazze nelle grandi città: e loro, piccioni e colombi, a dispetto di chi li detesta perlopiù senza conoscerne le numerose ed incredibili capacità, sono così docili ed intelligenti, che quasi si lasciano accarezzare ed avvicinare attratti da questa umanità che esplode in risate, che si accovaccia a terra per radunare qualche chicco di mais o qualche briciola, che si incanta osservando i voli radenti sopra le proprie teste, che allunga le braccia al cielo per invitarli a posarsi sul palmo delle loro mani, il tempo di una fotografia. - È un attimo, ma sembra eterno: è il grammo di felicità che ripongo con cura nella mia tasca.

La "Vecchia Signora" è un bar di Burano che purtroppo a breve con la speranza che sia solo provvisoriamente, chiuderà i battenti... Questo Bar storico è da sempre un luogo di ritrovo e incontro per tutti noi abitanti dell'isola, tutti dai più anziani ai giovani e adolescenti, ci si trova per fare il classico aperitivo, scambiare due chiacchiere e delle belle e sane risate, momenti di normale quotidianità e convivialità, momenti e sensazioni che ho cercato di raccontare e trasmettere sottoforma di immagine attraverso questi miei scatti fotografici.

Il mio viaggio prosegue e prosegue proprio in quelle intermittenze della (e dalla) vita indaffarata che sono le sale d'attesa, le stazioni, i treni che ci trasportano da un'occupazione a un'altra, e ci costringono alla inoperosità. In quei momenti è appassionante per me  leggere le persone, studiare le loro espressioni, interpretare rughe, smorfie, sguardi.

Sono libri: ho davvero un'intera biblioteca sotto i miei occhi: perché, quelli del viaggio sono i momenti in cui, la geografia delle facce si fa pensosa, persa in qualche sogno, in qualche pensiero improvviso.

Dietro a queste fisionomie, donne uomini ragazzi bambini, c’è sempre qualcosa che tradisce ciò che siamo: sono il nostro primo specchio, occhi sulla cui superficie ci possiamo riflettere.

E allora “Welcome on board”, benvenuti a bordo, benvenuti nelle immagini che vi ho rubato per ricomporre, come in un immenso mosaico, la mia stessa faccia rimessa a fuoco, la faccia di tutti, nel momento in cui siamo preda della noia o dell'armistizio che separa e unisce i nostri dolori, le nostre gioie nascoste, le nostre speranze. - Benvenuti a bordo: siete voi le maschere di questo palcoscenico che ogni giorno traghetta verso la grande metropoli pendolari, studenti, viaggiatori. E ladri di istanti come me.

Questi scatti fotografici raccontano come certe passioni che nascono in tenera età riescono a dare le prime forti emozioni in effetti si può parlare di un vero e proprio primo amore.

È pressoché impossibile non fare proprie le parole di Carlo Levi per definire questa Terra: "dolente bellezza": le riferì descrivendo Matera ma sento di poterle dilatare per accostarle all’intera regione.

Dodici giorni sono un frammento di tempo così breve da rendere quasi impossibile appropriarsi di un luogo che non si è mai visto con i propri occhi né vissuto sulla propria pelle; mille chilometri sono davvero poca strada per poter pensare di averla calpestata tutta.

La Basilicata però, è lei che infine ti possiede, rapida, e finisce per abitarti e ti abbraccia, proteggendoti le spalle con le sue montagne di pietra, ti avvinghia con solide rocce smussate dal tempo e dal vento, con i suoi paesaggi arcaici verde smeraldo, giallo grano e turchese, con la sua "geologia esistenziale" e con il suo sole, il sole vero, "ferocemente antico" come ebbe a dire Pasolini.

La Basilicata è vestita di abiti umili e contadini ma è anche addobbata da gioielli preziosi, arte, religione e magia. - La Basilicata ha il volto rugoso e sincero dei suoi vecchi, tenaci e infaticabili, curiosi e sospettosi ma è anche angoli di freschezza e fanciullezza che lasciano intravedere e sperare il futuro.

La Basilicata è da "ri-guardare", nel senso di prendersi cura e nel senso di avere per lei uno sguardo che si posa di nuovo e ancora, per osservare con più attenzione e gentilezza. - Questa raccolta di fotografie, che in pochi giorni si sono offerte al mio sguardo, sono la mia visione di questa superba Terra.

Reportage del viaggio di una giovane ragazza nel Salento alla scoperta di borghi antichi, chiese pregne di storia e mare incontaminato. 

Con questa serie di scatti ho è voluto testimoniare la sua curiosità e l'interesse per i luoghi visitati soffermandosi a riflettere su dettagli e scorci che la portassero indietro nel tempo quando quei paesi e quelle chiese vivevano di una pulsante quotidianità.

Non erano in posa per me. Sono giovani: lei come una sposa bambina dallo sguardo ingenuo, fatta di movenze leggere e spontanee che imbastivano una danza di velo e tulle bianco.

Lui, quasi una comparsa, ad assecondare sguardi passi mani, come in un rituale di corteggiamento improvvisato.

Non erano in posa per me, si sono concessi al mio e ad altri sguardi senza saperlo o forse consapevoli di essere attorniati da una curiosità effimera e da indifferenza passeggera.

Poche decine di minuti così, nella piazza più celebre di Milano, sotto un sole infuocato a suggellare la propria storia, a legarsi con i fili invisibili delle promesse, a voler fissare quel momento fugace per vestirlo di un abito immortale.

Perché l'amore è sempre la risposta.

Il parco dei sogni, un luogo magico in cui tornare ad essere bambini con la propria ingenuità; un condensato di stupore e gioia che conduce la propria anima verso il sogno.

Breve e violenta la tempesta su Milano: a primavera inoltrata è sempre così: viene preannunciata da un cielo intenso, carico di nuvole di piombo. Subito dopo, tanto vento.

È un attimo: ecco le prime gocce, via via sempre più fitte e intense, mentre l’asfalto surriscaldato rimanda quel tipico odore di umidità, cemento e polvere, mescolati al calore.

Qualche chicco di grandine, ed è fuggi fuggi generale: è stata un’immersione di mezz’ora, la mia, fra chi si avventurava coprendosi il capo alla bell’e meglio e chi, invece, con lungimiranza aveva con sé un ombrello fin dal mattino; mezz’ora fra chi, imperturbabile, terminava la propria sigaretta e chi vestiva qualche curioso impermeabile senza perdere il sorriso.

Perché alla fine anche le tempeste peggiori passano, e il cielo rischiara.

Una storia tormentata, che ha inizio nei primi anni ’60, quando, a seguito della Legge 167/62, che regolava i piani di costruzione di alloggi a carattere economico e popolare, il Comune di Napoli acquisì dei terreni nel comparto urbano di Secondigliano e, col sostegno economico della Cassa del Mezzogiorno, decise di avviare un progetto abitativo di ampie vedute. - I lavori di progettazione delle unità abitative del comprensorio furono affidati a Francesco Di Salvo, architetto di origine palermitana.

Il progetto originario prevedeva inoltre una serie di aree verdi, attrezzature, servizi e spazi ricreativi, oltre a centri scolastici, culturali, com merciali e sanitari.

Le ragioni per cui Le Vele hanno deluso queste aspettative, da molti definite utopiche, trasformandosi negli anni nel simbolo del fallimento delle buone intenzioni, in quei luoghi del degrado, dell’emarginazione e della malavita, sono da ricercarsi nelle trasformazioni del progetto originale, volte a ridurne i costi, nell’abusivismo, nell’incuria e nel totale, lungo abbandono da parte delle istituzioni.

Non certamente nell’architettura, esattamente come sembra ricordarci, con la forza dirompente della semplicità, la scritta sulla facciata di una Vela. Non siamo noi il problema.

Una strada qualunque, periferia SUD di Milano, uno sguardo all'essere umano nella sua quotidiana consuetudine, nulla di particolare che meriti di essere raccontato, è tutto nell'ordinario, è tutto perfettamente in ordine, proprio come il giorno prima e come sarà il giorno dopo e quello che verrà. - Cosa c'è da raccontare di questo angolo di strada? La vita, il tempo e lo spazio dell'individuo dove tutto è comune banale, normale, casuale, ma allo stesso tempo capace di raccontare le unicità che fanno di ognuno se stesso.

From behind, da dietro, fotografati dando le spalle a me, in maniera inconsapevole e alla vita, questo forse più consapevolmente visto che i giorni passati, vissuti, sono ormai alle spalle e invece quelli presenti si stanno vivendo e riguardo quelli futuri sono fronte a noi.

Mi piace pensare fotografando i miei soggetti di spalle di immaginare le loro vite, figurarmi i loro visi, gli occhi, il sorriso "sceneggiando" un po' i loro giorni.

Attraverso questo reportage fotografico, il fotografo Fabio Bartolozzi affronta il concetto del “senso di comunità” che, con l'avvento della globalizzazione, è divenuto un elemento importante per la società contemporanea.

Negli eventi musicali e non solo, in cui si raduna un gran numero di persone, si genera un legame psicologico che unisce i singoli individui ad un collettivo. Un chiaro processo mediante il quale gli uomini si riconoscono facente parte di una comunità.

""Meritato! Meritatissimo!" così diceva, trent'anni fà, il più grande di tutti e cosi è anche oggi come allora; Napoli è in festa, una vittoria mai cosi netta ed esaltante, ottenuta contro ogni pronostico, Napoli colora di nuovo l'Italia di celeste ed urla la sua gioia in ogni vicolo, in ogni angolo di strada, in ogni casa, perchè Napoli è l'immagine immortale di Maradona, perché Napoli è la città che si inventa e reinventa ogni giorno, perché Napoli è rumore, è musica, è costume e voglia di farcela, perché Napoli è Napoli. Meritato! Meritatissimo!

Bambini connessi e soli, occhi persi e dita veloci sui touch screen, collegati ad ogni anfratto del mondo virtuale e così distanti dal mondo materiale, dove si gioca toccando con mano e sbucciandosi le ginocchia, fra relazioni e sentimenti reali. Iperconnessi: un neologismo che viaggia veloce per una generazione - Alpha - così immersa nella tecnologia che, si dice, sia quella deputata ad annullare il confine fra online ed offline tanto è intrisa, e forse irrimediabilmente annegata, nella tecnologia.

Iperconnessi: da riconnettere al mondo reale, fisico? O in un volo senza ritorno, direzione Metaverso?

Roma, la mia città, la sua bellezza, la sua essenza, mi piace sentire la strada sulla pelle, sentire l'odore dell'asfalto, sentire addosso gli sguardi incuriositi della gente.

Raccontare i suoi quartieri, i suoi personaggi, turisti con il gelato, i vigili urbani e i mezzi; Roma quella del Sacro Vaticano e del profano di via Condotti dove raccontare la gente, la vita, avvicinarmi a loro, sentire il respiro, e la tensione, l'adrenalina che mi scorre addosso per cercare il prossimo scatto, magari mosso e neanche tanto nitido.

MONOCHROME© EXHIBITION

START EXHIBITION DAY 28.06.2024 MILANO

THE ITALIAN STREET PHOTOGRAPHERS

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